Impara Digitale
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Ministero dell'Istruzione e del Merito

Ente accreditato per la formazione docenti

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Carta del Docente
  • Benvenuti nella sezione dedicata ai Tavoli tematici organizzati durante la manifestazione “Verso gli Stati Generali della Scuola Digitale 2017”.

    Per ogni tavolo sono indicati 5 punti, una sintesi e delle domande conclusive.

    E’ possibile navigare tra le varie pagine in alto (una per ogni tavolo, es: TAV. 1, TAV. 2, ecc) e inviare opinioni, commenti e domande compilando il box laterale (o in basso da smartphone).

    Qui il documento per intero

    Sommario tavoli:

    Tavolo 1La scuola delle competenze o la scuola delle conoscenze per la nuova società
    Tavolo 2Quali tecnologie per quale didattica nella scuola di oggi
    Tavolo 3Il cambiamento degli ambienti ha portato a un vero cambiamento della didattica?
    Tavolo 4Il digitale a scuola: è un’attività “altra” rispetto alla didattica giornaliera o è divenuta strutturale?
    Tavolo 5Valutare: cosa e come
    Tavolo 6Le tecnologie digitali favoriscono o rallentano l’apprendimento delle abilità di base (leggere, scrivere, far di conto) indispensabili per acquisire competenze?
    Tavolo 7 e 9I libri digitali possono costituire un valore aggiunto per favorire i processi di inclusione? – i libri di testo (e-book o cartacei?) E le fonti digitali
    Tavolo 8Il protagonismo degli studenti: come lo si attua nella scuola di oggi
    Tavolo 10Piattaforme per condividere, collaborare, co-creare, interagire: come hanno trasformato il rapporto docente-studente
    Tavolo 11Robotica, coding, realtà aumentata, pensiero computazionale… sono davvero entrati nella didattica quotidiana? Come?
    Tavolo 12La scuola di oggi e l’industria 4.0: quali competenze per quale società, come oggi la scuola affronta questi cambiamenti
    Tavolo 13Formare e formarsi: dalle competenze digitali alla didattica interattiva e per competenze. (2 tavoli)
    Tavolo 14PON, Bandi: come progettare e come programmare nella scuola di oggi. Una nuova organizzazione

  • Tavolo 1

    La scuola delle competenze o la scuola delle conoscenze per la nuova società

    5 punti

    • Maggior coordinamento tra gli ordini di scuola, soprattutto tra il primo ciclo e il secondo.
    • Esame di stato ancora inchiodato alle conoscenze e quindi lontano dalla vita reale.
    • La formazione dei docenti è prioritaria e deve essere orientata ai bisogni effettivi.
    • Maggior coinvolgimento della base della scuola nei processi di riforma. Maggior coinvolgimento e corresponsabilità della famiglia nel processo formativo.
    • La dimensione tecnologica deve valorizzare la creatività degli studenti

    Sintesi del tavolo

    Il dibattito all’interno del tavolo 1 ha preso le mosse da alcuni precisi riferimenti normativi atti a verificare la condivisione, da parte di tutti i partecipanti, della terminologia di base e la consapevolezza della interrelazione fra le competenze digitali e le competenze (“Se l’obiettivo del nostro sistema educativo è sviluppare le competenze degli studenti, invece che semplicemente “trasmettere” programmi di studio, allora il ruolo della didattica per competenze, abilitata dalle competenze digitali, è fondamentale in quanto attiva processi cognitivi, promuove dinamiche relazionali e induce consapevolezza” #14 PNSD).

    I partecipanti hanno preso parte attivamente al confronto e fin dai primi interventi la discussione si è incentrata su tre punti, identificati come problematici per il cambiamento nella scuola:

    • Lo scollamento tra gli ordini di scuola: tra il primo ciclo e il secondo di primo gradoe, successivamente, tra questo e la secondaria di secondo grado. Come rilevato sconsolatamente da una Dirigente Scolastica di un Istituto Comprensivo di Brescia, tutti gli sforzi tesi all’innovazione sia didattica che metodologica e tecnologica non vengono minimamente tenuti in considerazione dalla scuola secondaria di secondo grado, che pure deve certificare le competenze alla fine del 1° biennio. Inoltre, la struttura della scuola secondaria di secondo grado è troppo rigida, basti vedere come fanno fatica a decollare i progetti riguardanti l’Alternanza scuola – lavoro.
    • La responsabilità di questa situazione di stallo nella scuola secondaria di secondo grado dipende, soprattutto, dal mancato compimento della Riforma, che non ha ancora sciolto dubbi, riserve e incertezze riguardo all’Esame di Stato, attualmente ancora inchiodato alle sole conoscenze ed estraneo ai cambiamenti intervenuti negli ultimi vent’anni nella vita reale, nella società, nelle comunicazioni, nelle tecnologie e nel lavoro.
    • C’è, però, anche un’altra situazione di sostanziale fissità che riguarda, questa volta, trasversalmente, buona parte dei docenti e l’organizzazione apicale degli istituti scolastici: la formazione. Essa, pur essendo elargita abbondantemente sul territorio nazionale, è troppo spesso di scarsa qualità (i formatori non sono effettivamente certificati) e non è quasi mai orientata ai bisogni effettivi della scuola.

    La mancata centralizzazione della selezione dei formatori e l’autonoma scelta, non sempre competente, delle scuole riguardo a come, quando, da parte di chi e su quali temi gestire la formazione stanno determinando seri problemi di tipo qualitativo, con colpevole spreco degli ingenti fondi messi a disposizione. Si avverte prepotentemente da più parti, perciò, la necessità di formatori all’altezza, capaci di dominare metodologie innovative, strategie didattiche significative per la mobilitazione delle competenze, anche in relazione ai contenuti, e di creare situazioni tese al coinvolgimento attivo dei docenti in formazione.

    Al momento attuale, la formazione non solo viene attuata senza veri piani strategici, ma è anche eccessivamente incentrata sulla dimensione tecnica.  Infine, si attendono dal MIUR indicazioni chiare su come valutare le competenze, perché la situazione nebulosa in cui si muove la scuola va ad inficiare anche la certificazione, che risulta, troppo spesso, una pedissequa trasposizione del voto delle conoscenze.

    A latere, sono stati dibattuti altri temi interessanti, quali:

    • Il bisogno di un maggior coinvolgimento della base della scuola nei processi di riforma e, accanto a questo, l’imprescindibile necessità della corresponsabilità delle famiglie nei processi formativi. Tutti i veri cambiamenti necessitano della partecipazione attiva e responsabile degli attori principali.
    • La dimensione tecnologica non solo non deve offuscare quella umana, ma deve valorizzare la creatività ed essere trasversale a tutte le discipline.

    Gli studenti devono essere consapevoli che al di là del sapere, il mondo del lavoro chiederà “persone” e la spendibilità delle loro conoscenze sarà connessa alle loro competenze.

    Domande

    1. Perché la riforma dell’Esame di Stato viene continuamente rimandata e, a distanza di cinque anni dall’uscita delle Indicazioni Nazionali, non sono stati ancora chiariti contenuti e modalità della   conduzione, frenando, così, di fatto, se non addirittura congelando (anche a cascata) la forza    dell’innovazione didattica in tutto il quinquennio della scuola secondaria di  secondo grado  “gratificando”      proprio quei docenti più retrivi e legati alla tradizione?
    2. Perché il MIUR non affronta più direttamente la didattica per competenze, la formazione, la valutazione e la conseguente certificazione ma si limita a dare solo linee generiche e poco incisive?

    Moderatori

    Facilitatrice:        Licia Landi (Liceo classico “S. Maffei” –  Verona)

    Verbalizzatore: Biatriz Baldo (I. C. “Dusmet – Doria” –  Catania)

     

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  • Tavolo 2

    Quali tecnologie per quale didattica nella scuola di oggi

    5 punti

    • Riconoscimento Scuola come Valore.
    • PON: assistenza sul territorio e semplificazione procedure.
    • Formazione pedagogica docenti.
    • Centralità dello studente e Ruolo DS.
    • Linee guida BYOD.

    Sintesi del Tavolo

    La tecnologia passa in fretta, implicando trasformazioni repentine che investono molti ambiti tra i quali anche quello didattico. Il mezzo informatico deve essere cavalcato, non temuto. Atteggiamento però non ancora sufficientemente diffuso tra gli insegnanti che spesso attivano una resistenza passiva chiedendo perché sia così importante utilizzare le tecnologie. L’elemento di continuità tra la scuola prima dell’era digitale e quella contemporanea resta, sempre e comunque, la centralità dello studente; è lui che è cambiato perché differenti sono i suoi approcci al mondo, alla scoperta, alla conoscenza. Quindi come attivare la sua intelligenza, come renderlo protagonista della sua formazione e come renderlo cittadino consapevole? Questo è possibile anche attraverso gli strumenti informatici che però sono solo mediatori e non protagonisti nell’attivazione di modalità e metodologie didattiche. Anche i finanziamenti PON hanno un ruolo importante ma non sufficiente perché rappresentano la possibilità di un incipit delle azioni necessarie, ma ad esse deve seguire una solida progettualità sulla lunga distanza. Relativamente ai PON è però mancata l’assistenza sul territorio e la semplificazione delle procedure. Il ruolo del Dirigente Scolastico ha un’importanza fondamentale. In molte situazioni sono proprio i Dirigenti a non credere nella politica dell’innovazione e a non comprendere lo sforzo di quei docenti pionieri (ahimè pochi!) che frequentemente vengono emarginati anche dai loro stessi colleghi. Emerge dunque l’importanza di riflettere su azioni innovative che partano dall’alto.
    In primis la necessità fondamentale di formare i docenti dal punto di vista pedagogico. Spesso coloro che entrano nel mondo della scuola sono totalmente impreparati. E’ necessario “insegnare loro ad insegnare”, a non essere semplici trasmettitori di contenuti; spostare il focus dalla tecnologia allo studente e all’apprendimento. Solo a quel punto lo strumento informatico potrà essere utilizzato in modo costruttivo, diventando un facilitatore (anche del dialogo tra docenti e studenti) e non più un nemico per i più scettici. Gli insegnanti dovrebbero essere formati anche riguardo alle strategie affinché gli studenti imparino a migliorare il proprio apprendimento, a costruire le loro competenze ed il loro ruolo di cittadini attivi e partecipi. La scuola e non solo la “squadra degli innovatori” deve trasmettere una modalità diversa di accedere alla cultura che è un diritto di tutti. Il sapere è condivisione e collaborazione, senza che per questo i contenuti vengano messi in secondo piano, anzi. Con le sole sperimentazioni isolate però non può attivarsi il cambiamento necessario, per questo è necessaria un’azione sinergica ma anche ben coordinata dall’alto.
    L’obiettivo deve essere quello di rivendicare il ruolo della scuola, degli insegnanti e degli studenti. Tale rivendicazione implica che la formazione in ingresso e la formazione continua dei docenti vengano progettate e si consolidino, divenendo strutturali. Con un approccio costruito e pensato la scuola potrà essere riconosciuta come un valore e non più solo come residuale. La formazione fino ad ora attivata è mancata di un momento di allineamento: come selezionare il personale, come redigere bandi, come preparare i docenti, come riconoscere il loro ruolo (ad esempio di Animatore Digitale e Team per l’innovazione). C’è anche il problema delle aree geografiche del paese dove la rete non arriva o non arriva con la necessaria potenza e ciò impedisce il diritto di accesso paritario a tutti gli studenti. Non da ultimo manca chiarezza sull’utilizzo delle tecnologie in classe e, nello specifico dell’azione 6 BYOD, le linee guida legate ai problemi di privacy.

                                                             Domande

    1. Quando e come i dispositivi personali saranno utilizzabili in classe superando le attuali restrizioni normative?

    Moderatori

    Facilitatori:               Beolchi Gualtiero (Centro studi ImparaDigitale)

    Salvatore Giuliano (DS IISS Ettore Majorana Brindisi)

    Verbalizzatori:          Graziella Locatelli (ISISS Mairone da Ponte Presezzo – BG)

    Barbara Mocibob (Liceo Artistico G. e P. Manzù Bergamo)

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  • Tavolo 3

    Il cambiamento degli ambienti ha portato a un vero cambiamento della didattica?

    5 punti

    • Ambienti di apprendimento innovativi.
    • Didattiche innovative.
    • Coinvolgimento del territorio.

    Sintesi del Tavolo

    Il facilitatore, Angelo Bardini, apre i lavori del Tavolo 3 con una rapida introduzione sulla tematica in oggetto. Segue una breve presentazione dei presenti. Dal primo “giro di tavolo” delle scuole presenti emerge che nella maggior parte delle scuole non esiste ancora la consapevolezza dell’importanza degli ambienti di apprendimento nell’innovazione della didattica e organizzativa. La didattica resta ancora in gran parte frontale. In tutte le scuole sono stati investiti i fondi PON dell’azione #4 e dell’azione #7, ma non vengono attivate reti con il territorio in grado di sostenere il cambiamento in modo duraturo. Manca la messa a sistema dell’implementazione di ambienti di apprendimento innovativi. La scuola secondaria di secondo grado resta lo zoccolo duro della resistenza al cambiamento. Si decide quindi di procedere all’individuazione delle parole chiave dell’innovazione.
    Emergono le seguenti parole: Cambiamento: si respira un generale desiderio di rendere la scuola un luogo più accogliente, di trasformare e di rimodulare gli spazi andando a rinnovare ambienti e pratiche didattiche. Questo cambiamento deve saper coinvolgere non solo lo spazio fisico, ma anche e soprattutto le persone che lo abitano. Molte scuole stanno lavorando all’implementazione di nuovi spazi, ma solo approfittando dei bandi PON. Solo poche hanno attivato reti territoriali per co-progettare nuovi spazi di apprendimento, utilizzando strategie di “Fundraising” e “Crowdfunding”. Le scuole sono in attesa delle graduatorie dell’azione #24 nella speranza di riuscire ad implementare BBSS che funzionino anche da spazi alternativi all’aula. Ma anche qui si nota una certa difficoltà di ingegnerizzare i vertici del triangolo: spazi di apprendimento-tempo scuola-didattica.
    I quattro pilastri: il desiderio di cambiamento, per essere fruttuoso, deve essere sorretto da pilastri molto saldi.

    1. Ambienti di apprendimento innovativi: È indispensabile rivedere la progettazione dell’ambiente affinché esso sia reso a misura d’uomo, o meglio ancora di bambino/a, ragazzo/a. La comunità scolastica deve poter godere della sua permanenza all’interno dell’edificio ed essere pronta ad aprirsi ad attività condivise con il territorio. Tutti i lavoratori della scuola devono vivere il loro operato, la loro formazione continua come qualcosa di piacevole, anche, ma non solo, perché agiscono in un ambiente attento al benessere di chi lo abita.
    2. Didattiche innovative: Per rendere efficace l’azione di cambiamento è necessario valutare l’uso che vien fatto degli spazi, occorre proporre momenti di formazione mirati alla giusta modalità di utilizzo degli stessi e introdurre didattiche innovative che permettano di usufruire di spazi e strumenti nella loro completezza.
    3. Accompagnamento: Viene riconosciuta le necessità di fornire una forma di supporto a quelle scuole che hanno avuto accesso ai finanziamenti, una volta presentato il bando e ottenuto quanto richiesto le scuole dovrebbero poter contare su forme di accompagnamento in itinere, serve un monitoraggio delle azioni e delle pratiche didattiche in modo da stabilire quando e quanto sia necessario adoperarsi nella formazione del personale. Certo molto importante è stato il lavoro fatto dagli snodi in tema di formazione, ma non sempre elevata è stata la qualità della proposta formativa, soprattutto in tema di ambienti di apprendimento.
    4. Coinvolgimento del territorio: Ambiente è relazione, si ritiene d’importanza primaria la capacità di fare rete, di costruire una relazione con la comunità; la scuola deve divenire il cuore pulsante della stessa e, affinché questo avvenga, è necessario che tutti gli interlocutori si prendano cura dei legami che li uniscono. È bene favorire ogni forma di collaborazione, la scuola deve impattare sull’ambiente che la circonda, deve sapersi fare riconoscere come soggetto che ha merito, anche in termini economici, bisogna infatti che essa sappia convogliare tutte le risorse disponibili. L’edificio scolastico deve essere costruito, coinvolgendo la comunità scolastica ed educante nella progettazione, in maniera che possa “sposarsi” con l’ambiente che lo circonda; nella costruzione degli edifici e quindi nella cura degli spazi, sia esterni, sia interni, è necessario che si tenda alla ricerca della bellezza. In un paese come l’Italia, che vanta un patrimonio artistico unico nel pianeta, il fatto di abituare gli studenti, sin da bambini, ad amare il “bello” è atto dovuto.

    Domande

    1. Ci sarà nell’immediato futuro la possibilità di rifinanziare le azioni #4 e #7?

    Best Practices

    • IC Voghera
    • IC Vigevano
    • IC di Givone (CN)

    Moderatori

    Facilitatore:  Bardini Angelo (Ambassador INDIRE – Membro Tavolo Tecnico  PNSD)

    Verbalizzatore: Benaglio Chiara (I.C. Casazza Bergamo)

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  • Tavolo 4

    Il digitale a scuola: è un’attività “altra” rispetto alla didattica giornaliera o è divenuta strutturale?

    3 punti

    • Concordi rispetto al consolidamento di una didattica che valuti per competenze, che operi con compiti autentici, si propone una revisione degli esami di stato di ogni ordine e grado. Allo stesso modo, si auspica una   miglior visione della valutazione, in generale, da parte dei consigli di classe         ed una lettura più aderente da parte delle famiglie.
    • Prevedere una formazione obbligatoria al digitale tra i criteri adottati dalle scuole per la premialità (bonus merito), unitamente ad un distacco parziale per gli Animatori Digitali, affinché possano realmente spingere e accompagnare la crescita digitale e metodologica delle proprie scuole. Tale visione si raccorda con la creazione o la conferma di realtà territoriali (subprovinciali, provinciali o regionali) in grado di supportare in termini di visibilità e capacità organizzativa, nonché di aggregazione, gli Animatori e le Scuole (per es. Polo Varese e Marconi Bologna).
    • Si avverte una forte esigenza di stabilità, del personale e degli incarichi, che non vanifichi le impostazioni di lavoro e le progettazioni avviate. I percorsi intrapresi, spesso vengono interrotti a causa di cambiamenti intervenuti in itinere.

    Sintesi del Tavolo

    Presenti al tavolo docenti e animatori digitali di scuole dei diversi gradi di istruzione, i lavori hanno preso avvio con una simulazione/role playing a cura dei facilitatori, vertente sul dialogo tra due docenti intorno al rispettivo utilizzo della didattica digitale in una giornata scolastica qualsiasi, favorendo in tal modo una lettura delle best practices metodologico-didattiche. Da ciò è scaturita una discussione che ha evidenziato le esperienze di alcuni partecipanti, con qualche punto di forza e molti di debolezza, dettati da diversi ragioni: motivazione personale dei singoli docenti nell’utilizzo del digitale nella didattica e, dunque, la sensazione che la formazione sia fondamentale e debba essere motivata e motivazionale; carenza di infrastrutture all’interno delle scuole e di strumentazioni, tanto che tante scuole accolgono molto favorevolmente le attività promozionali della grande distribuzione alimentare (per es. ricevere la LIM con la raccolta bollini); difficoltà ad effettuare il passaggio dalla certificazione delle conoscenze alla certificazione delle competenze; difficoltà nella valutazione delle competenze, anche e, soprattutto, digitali. Si rileva che la didattica digitale debba poter avere riconoscimento anche dalle famiglie, che rimangono legate alle programmazione delle discipline. Si rilevano alcune pratiche di didattica digitale, per es. coding, robotica, learning by doing, project based learning, TED conference, ecc., alcune delle quali entrate a far parte della metodologia di lavoro dei docenti; si rilevano, poi, anche esperienze di mancanza di utilizzo delle ICT che potrebbero essere facilmente utilizzate ma rimangono inesplorate e/o ignorate, sia a causa della scarsa motivazione dei docenti, sia, al contrario, per la mancanza di strumentazioni adeguate. Altro freno all’utilizzo strutturale del digitale è dato dalla carenza di spazi adeguati alle attività laboratoriali per le discipline STE(A)M. Una soluzione a tale problema potrebbe essere la riconversione dei “vecchi” laboratori di informatica in laboratori multidisciplinari.

    Domande

    1. Vogliamo portare a compimento la grande intuizione avuta sull’istituzione degli AD?

    Il MIUR dovrebbe rendere più operativi gli AD favorendo il loro operato sia garantendo loro un sostegno trasversale (polo o rete di supporto), sia favorendo la loro azione interna alla scuola con un distacco parziale. Un AD in grado di animare, coinvolgere, innovare, far seguire formazione digitale e metodologica, fare rete con gli altri AD è davvero il punto di svolta: non lasciamo che tutto sia soggettivo ed aleatorio, diamo guide e sostegno, spazio e visibilità.

    Moderatori

    Facilitatore: Bralia Cristina (Polo per la formazione digitale AT Varese IS Ponti Gallarate)

    Verbalizzatore: Rechichi Maria Rosa (IC Tommaseo Torino)

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  • Tavolo 5

    Valutare: cosa e come

    5 punti

    • Necessità di continuità nel lavoro dei docenti per costruire una didattica per competenze e nuovi strumenti per l’accertamento e la valutazione per competenze. Mal si concilia con        l’attuale discontinuità nelle cattedre.

    2) il lavoro per compiti autentici necessità di strumenti di valutazione diversi da quelli    attualmente in uso per la valutazione sommativa, che vanno costruiti e integrati con la     valutazione quantitativa.

    3) l’attuale impianto dell’esame di stato non si concilia con la didattica per competenze, costringe ad un programma ed usa strumenti di verifica che non sonoin linea con questa.

    4) la valutazione formativa deve recuperare il suo ruolo che, nella didattica per competenze, diventa fondamentale insieme a percorsi di autovalutazione per gli studenti.

    5) si auspica l’introduzione a regime del portfolio delle competenze e il suo utilizzo al posto del colloquio all’esame di stato del primo e del secondo ciclo.

    Sintesi del tavolo

    In apertura di seduta si è proceduto ad una presentazione dei partecipanti al tavolo di discussione. Il gruppo presentava una eterogeneità disciplinare così come di ordine di scuole di appartenenza. La Dirigente e conduttrice del tavolo, prof.ssa Rucci, ha introdotto l’argomento lanciando da subito una domanda stimolo e chiedendo cosa è cambiato nella valutazione dall’introduzione delle ict nella didattica. Quali cambiamenti sono entrati realmente nelle classi con un approccio metodologico più fluido che vede gli alunni attori in classi scomposte in cui sono allo stesso tempo fruitori e produttori di materiali digitali? Esiste una modalità per valutare in modo oggettivo ed efficace il processo educativo? Una delle considerazioni evidenti è stato il passaggio da una necessità di valutare “conoscenze” a quella di valutare i processi che hanno portato alla costruzione delle conoscenze stesse. La valutazione dei processi è indispensabile in un’ottica di progressione ed individualizzazione dell’intervento educativo per colmare lacune e potenziare attitudini. Da subito l’autovalutazione è sembrata una delle soluzioni possibili per valutare i “processi” nelle nuove modalità di lavoro cooperativo, di peer education, di cooperative learning e di flipped classroom. Gli alunni dovrebbero essere in grado, anche guidati, di analizzare il percorso affrontato, mettendo a punto criticità e punti forza. Questo prevede una ridefinizione del ruolo dello studente nel processo valutativo, la sua riconfigurazione da oggetto passivo a soggetto attivo. Ma accanto ad una autovalutazione “guidata” gli insegnanti cosa dovrebbero fare per poter ottenere una valutazione reale ed autentica dei progressi degli alunni? Se, da un lato, le piattaforme digitali per la valutazione hanno consentito un aumento del numero di valutazioni in itinere, dall’altro manca uno strumento che consenta di valutare le competenze. Si è parlato di griglie e della possibilità di griglie predisposte dal Ministero stesso che possano essere da supporto al docente in questo momento di sperimentazione. Se le competenze disciplinari sono più semplici da valutare, gli aspetti trasversali legati alle competenze di cittadinanza restano un problema. Accanto ad alcune sperimentazioni di istituti che hanno provato ad oggettivare attraverso griglie di osservazione ed evidenze anche queste competenze trasversali, la maggior parte delle scuole ancora fatica in questo compito valutativo. Ecco che ancora una volta è emerso il bisogno di strutturare un processo di certificazione delle competenze sulla base di una rubrica valutativa esplicita e condivisa. In assenza di tale sistema di coordinate è molto complicato orientarsi. In ultima istanza il tavolo di lavoro si è addentrato nella questione relativa all’esame di stato conclusivo del primo e del secondo ciclo. Le prove d’esame, cosi come la valutazione, non sono in linea con quanto richiesto da una progettazione per competenze. Docenti che sono chiamati ad operare nella classi in una modalità non più tradizionale e trasmissiva, si trovano a dover gestire la conduzione dell’esame di stato e della valutazione finale in modalità completamente differenti. Sarebbe opportuno che anche l’esame finale prevedesse un lavoro per compiti autentici, la presentazione di un’idea progettuale ed un lavoro che possa mettere le competenze acquisite dagli alunni al termine del percorso scolastico, mettendo in luce progressi ed attitudini. Ecco che l’idea proposta ed illustrata dalla Dirigente Rucci è quella di ritornare al portfolio dello studente. Questo strumento, presentato in formato digitale, potrebbe accompagnare i ragazzi nel corso dell’intero percorso ed essere integrato con gli step principali raggiunti. Questo strumento rivelerebbe la natura dell’alunno e sarebbe autentico rispetto alle competenze acquisite. Questa idea è stata condivisa da tutti i docenti presenti che, in ogni ordine di scuola, hanno visto le potenzialità dello strumento.

    Domande

    1. Come si concilia la didattica per competenze con l’attuale impianto degli esami di stato sia del primo che del secondo ciclo ancora basati sul l’apprendimento di conoscenze? Suggerimento: è possibile sostituire il colloquio orale con la presentazione del portfolio delle competenze?

    Moderatori

    Facilitatore:                        Rucci Alessandra (Dirigente Scolastica IIS Savoia Benincasa Ancona)

    Verbalizzatore:                 Beltramini Chiara (IC Galilei Busto Arsizio Varese)

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  • Tavolo 6

    Le tecnologie digitali favoriscono o rallentano l’apprendimento delle abilità di base (leggere, scrivere, far di conto) indispensabili per acquisire competenze?

    5 punti

    • Ridefinire le abilità di base: non solo il classico leggere, scrivere e far di conto, ma far riferimento ancora       più esplicito alle competenze chiave. In particolare la comunicazione (che      richiede anche l’uso di   linguaggi non scritti), le capacità logico scientifiche ed imparare ad       Ma una abilità di base               oggi è anche mantenere l’attenzione.
    • Come si pone la scuola rispetto alla realtà degli studenti di oggi? Deve porsi in modo proattivo anche rispetto alle criticità che emergono dalle tecnologie. Non può chiudersi in un mondo       separato, con approccio difensivo.
    • Consapevolezza delle potenzialità delle tecnologie che si possono integrare nella didattica delle discipline, anche aprendosi al mondo esterno e alle necessità del territorio.
    • Superare gli stereotipi che vedono studenti poco reattivi e insegnanti vittime di decisioni calate dall’alto. La scuola è creatrice di cultura ed esperienze che vanno raccontate e diffuse.
    • Assumere la collaborazione come modello indispensabile per la professione dell’insegnante per una corretta integrazione tra tecnologie e discipline.

    Sintesi del Tavolo

    Antonio Fini dà il benvenuto ai numerosi partecipanti al tavolo e, partendo dalla propria esperienza presso il Laboratorio di Tecnologie dell’Educazione dell’Università di Firenze (Facoltà di Scienze della Formazione) introduce il tema di riflessione per il primo giro di interventi: cosa devono fare gli insegnanti per migliorare l’apprendimento delle abilità di base e che rapporto c’è tra le abilità di base e l’introduzione delle tecnologie nella scuola? Analizziamo lo scenario attuale. La competenza digitale è una delle 8 competenze chiave europee ritenute necessarie per i cittadini di oggi e di domani. L’Italia si attesta agli ultimi posti nelle rilevazioni condotte a livello europeo sulle competenze digitali dei cittadini. Le ultime indicazioni nazionali per il curricolo sono centrate sulla costruzione di competenze negli alunni attraverso una didattica innovativa. Ultimamente sembra farsi strada una facile equivalenza tra innovazione didattica e uso della tecnologia a scuola, ma non mancano voci fuori dal coro. Per esempio, si svolgerà a maggio a Roma, un convegno organizzato dall’Associazione Grafologica Italiana, cui parteciperà anche il prof Benedetto Vertecchi, dal titolo “Scrivere a mano e scrivere con la tastiera: Valori, vantaggi, svantaggi, riflessioni”, in cui si sostiene che “L’avvento massiccio dell’informatica dotata di strumenti di videoscrittura, con la conseguente drastica riduzione dell’esercizio di manoscrittura, ha portato con sé come ripercussione un ormai diffusamente comprovato impoverimento dell’uso della creatività, della memoria e del linguaggio che si ripercuote negativamente anche nella produzione di testi estremamente semplici.“ Antonio Calvani, nei suoi studi evidence based sull’efficacia delle tecnologie sugli apprendimenti scolastici e la socializzazione, rileva che accanto a situazioni in cui le tecnologie sicuramente funzionano, ci sono casi in cui gli effetti positivi non sono evidenti.E allora: dove ci posizioniamo noi rispetto a questo? Cosa ci aspettiamo dall’introduzione delle tecnologie a scuola? Si avvia la discussione. Una docente di scuola primaria nota che l’uso prematuro e non controllato della tecnologia rallenta l’apprendimento più che facilitarlo. Quando i bambini, ad esempio, sono abituati ad utilizzare a lungo i tablet in solitudine, non sanno più ascoltare, aspettare il tempo e prestare attenzione a ciò che ascoltano. Oggi le abilità di base da sviluppare non sono più soltanto quelle di letto-scrittura, ma l’attenzione e l’ascolto. Un secondo intervento pone l’accento sulla necessità di sviluppare il pensiero computazionale come abilità di costruzione di processi per raggiungere un obiettivo finale. Negli anni ‘60 il processo era stato avviato in modo corretto ma negli anni ‘70 e ‘80 abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza e l’insegnamento del pensiero computazionale ha lasciato il posto ad una informatizzazione spicciola in cui l’uso del software è prevalente rispetto al pensiero logico. Tirando le fila di questa parte di dibattito, viene citato il libro del neuroscienziato Adam Gazzaley e dello psicologo Larry Rosen “The Distracted Mind, Ancient Brains in a High-Tech World” in cui emerge che la vera sfida oggi, soprattutto per i ragazzi di che a casa vivono immersi nella tecnologia, è quella di mantenere l’attenzione su un singolo argomento. Emerge quindi un primo punto: bisogna ridefinire le abilità di base. Ripartiamo dal mondo pieno di tecnologia in cui vivono i nostri alunni e riflettiamo sul ruolo della scuola. Possiamo pensare alla scuola come a una zona franca, totalmente priva di tecnologia, per evitare i rischi di un’esposizione massiccia a stimoli che possono essere nel migliore dei casi distraenti e nel peggiore nocivi? E una volta tornati a casa, cosa troverebbero questi ragazzi?

    Prende la parola un’imprenditrice coinvolta nei progetti di alternanza scuola-lavoro, che nota come l’insegnamento tradizionale, prevalentemente trasmissivo, non riesce a coniugare i due aspetti del cittadino di domani, che deve essere “sapiens” ma anche “faber”. Le tecnologie dovrebbero essere utilizzate nelle scuola come mezzo per costruire la conoscenza attraverso la curiosità, la pratica, il fare. A tal proposito viene citato anche un recente articolo di Giovanni Maddalena su Il Foglio, in cui l’autore evidenzia come la cosiddetta Quarta rivoluzione industriale metta in discussione l’impianto tradizionalmente dualista della scuola italiana, in cui la teoria rimane ancora più importante della pratica.

    Se è vero, come qualche intervento sottolinea, che le tecnologie “esternalizzano” alcune abilità (un caso per tutti: l’uso dei navigatori potrebbe farci dimenticare come si legge una mappa) altri colleghi fanno notare che usare le tecnologie a scuola attiva altre capacità e mette in gioco competenze diverse. Per esempio, le competenze di base per analizzare come funzionano questi strumenti, come la consapevolezza che le informazioni sul traffico di Google Maps derivano dalla raccolta e l’analisi dei dati degli utenti. Le tecnologie non sono quindi da considerarsi sostitutive, ma additive rispetto alla scuola “tradizionale”. Questa discussione porta alla sintesi di due ulteriori punti. A questo punto appare evidente dagli interventi successivi che per utilizzare al meglio le tecnologie nel percorso didattico, come strumenti per migliorare l’apprendimento, occorre progettare in modo nuovo i percorsi disciplinari e rivedere le metodologie didattiche. Per fare questo è necessaria soprattutto flessibilità, anche nell’organizzazione dei tempi e degli spazi: un’esigenza che spesso si scontra con normative invece alquanto vincolanti. Seguono interventi su varie esperienze condotte a scuola con l’uso delle tecnologie, dalle quali si delinea un quadro piuttosto eterogeneo, in particolare riguardo al livello di competenze digitali sia tra gli insegnanti che tra gli studenti. È evidente quindi la necessità di individuare strategie di formazione interna, ma emergono tante esperienze significative da cui risulta che la scuola, con i suoi mille laboratori e percorsi didattici deve far sentire la propria voce (in eventi come questo e in luoghi di confronto come riviste e gruppi di discussione) e raccontarsi, per evitare il rischio di omologazione e sudditanza culturale. La collaborazione tra docenti, che ancora non è prassi comune, diventa allora fondamentale per capire fino in fondo l’impatto delle tecnologie sull’apprendimento. Da questo ultimo giro di interventi, ricaviamo gli ultimi due punti. La domanda finale e il nostro suggerimento. In sintesi, per far sì che le tecnologie (che servono solo se si inseriscono nella didattica e non se sono fini a se stesse) migliorino l’apprendimento e non siano un elemento di disturbo, è necessario recuperare una dimensione dell’insegnamento come attività collaborativa. Per far questo appare necessaria una riconfigurazione architetturale del sistema scolastico per Superare i vincoli che ancora oggi esistono. In questo modo si potrà anche lavorare meglio sull’autonomia e la responsabilità dei bambini e dei ragazzi. Superiamo anche l’eterna dicotomia che rievoca ciclicamente la contrapposizione tra apocalittici e integrati, per affrontare in modo realistico, anche critico, il mondo in cui la scuola è immersa, nel quale le tecnologie digitali sono una parte imprescindibile.

    Domanda

    1. In conclusione chiediamo: come si risolve la contraddizione tra indicazioni che puntano ad integrare scuola e tecnologie (per cui è necessaria flessibilità) e un’autonomia scolastica di             fatto vincolata da un sistema che lega gli insegnanti ad orari e discipline di insegnamento piuttosto rigidi?

    Moderatori

    Facilitatore: Fini Antonio (Dirigente Scolastico e Tutor Organizzatore di tirocinio – Università di Firenze)

    Verbalizzatore: Giordani Eleonora (Istituto Comprensivo Leonardo Da Vinci Ciampino – RM)

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  • Tavoli 7 e 9

    I libri digitali possono costituire un valore aggiunto per favorire i processi di inclusione? – i libri di testo (e-book o cartacei?) E le fonti digitali

    5 punti

    1) Evoluzione del libro di testo

    2) Implicazioni della trasformazione del libro nella didattica

    3) Relazione tra libro di testo e la rete

    4) Necessità di fornire agli studenti gli strumenti culturali per poter utilizzare consapevolmente le risorse della rete

    5) Dimensione inclusiva dei libri digitali

    Sintesi del Tavolo

    La rivoluzione digitale che ha coinvolto la scuola italiana negli ultimi dieci anni ha investito anche i libri di testo. Con l’introduzione delle tecnologie nella didattica anche il libro di testo si è modificato: inizialmente solo nella forma, successivamente anche nei contenuti. I primi libri digitali comparsi nelle nostre aule non erano altro che dei file in pdf (i cosiddetti LIM Book) la cui prima criticità era la scarsa interazione. Oggi alcuni libri digitali presentano apparati audiovisivi molto evoluti, anche in 3D. La diffusione del digitale ha modificato anche la modalità di distribuzione dei libri digitali e si stanno sempre più diffondendo piattaforme on line. Ciò comporta spesso difficoltà di gestione. Sarebbe auspicabile un’uniformità di piattaforme e ambienti on line in cui reperire contenuti. Negli ultimi tempi è cambiato anche il rapporto tra la scuola e le case editrici. Tra i partecipanti del tavolo sono emerse due correnti di pensiero: alcuni sostengono con convinzione che non sia più necessario adottare il libro di testo in quanto può essere lo stesso docente a produrre contenuti e fornirli agli studenti. Secondo altri invece il libro di testo rappresenta un’ancora di sicurezza sia per il docente sia per lo studente. È un compito dell’insegnante produrre libri? (cfr. Books in progress). È escluso per i libri di lingua straniera, soprattutto per i video in lingua originale. E’ complesso. Siamo sicuri che i docenti siano in grado di scrivere e-book? Chi valuta la qualità dei testi? Dopo ampio dibattito si conclude che non è compito del docente scrivere i libri di testo, ma ci può essere libertà di scelta se adottare o meno il libro di testo.  La possibilità di accedere direttamente alle fonti on line offre più occasioni di esercitare il senso critico, a confrontare più fonti e più punti di vista. Distinguiamo tra fonti e risorse. Competenze di cittadinanza (anche per la proprietà intellettuale) Certamente si mettono in gioco nuove competenze (capacità di rielaborare un contenuto).

    Vi è maggior partecipazione se si costruiscono e-book e lo studente è chiamato a rielaborare un contenuto in modo personale.

    Una difficoltà condivisa da tutti i partecipanti al tavolo è comprendere come educare gli studenti ad essere competenti nella ricerca delle fonti attendibili online. Gli stessi docenti hanno dichiarato di essere spesso in difficoltà a riconoscere un sito attendibile da uno non attendibile.

    Spesso gli studenti faticano a dare un’organizzazione ai contenuti trovati on line e si dimostrano poco attenti alla tutela dei diritti d’autore.

    Il libro di testo spesso si dimostra non esaustivo in una didattica attenta al traguardo delle competenze. Un aspetto importantissimo è l’accessibilità e la dimensione inclusiva dei libri digitali. In realtà i primissimi libri in formato digitali sono entrati nelle classi in cui erano presenti alunni con Disturbi Specifici dell’apprendimento.

    Domanda

    1. È possibile delineare delle linee guida per poter guidare docenti e studenti ad individuare i siti e le fonti autorevoli e attendibili sul web?

    Moderatori

    Facilitatore:                        Papazzoni Barbara (UST Mantova)

    Verbalizzatore:                  Artioli Barbara (USP Mantova)

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  • Tavolo 8

    Il protagonismo degli studenti: come lo si attua nella scuola di oggi

    5 punti

    Lo Studente è protagonista in classe e nella vita se:

    • VIVE in un confronto continuo con i suoi pari e con gli insegnanti libero, “originale” e collaborativo. Una metodologia didattica che punti sul protagonismo degli studenti deve essere intesa come didattica della ricerca cioè un modello di apprendimento attivo che chiede il cambio di paradigma dall’informazione (sapere trasmissivo) alla formazione (costruzione di competenze), incoraggiando un atteggiamento attivo degli studenti nei confronti della conoscenza sulla base della curiosità e della sfida. Lo studente protagonista migliora la relazione tra pari, col docente e con il territorio: la scuola deve favorire il dibattito e il confronto in ogni esperienza (in aula, in momenti destrutturati, in uscite sul territorio, in esperienze di gemellaggi..)
    • INVESTE IL PROPRIO TEMPO per la costruzione delle proprie competenze consapevole che deve “imparare ad imparare” per il resto della vita. La Progettualità (attività progettate) consente ai ragazzi di superare i limiti del tempo dedicato di solito allo studio e sprigiona la passione e la creatività.
    • REALIZZA “learning activities” situati e collaborativi. Questo si realizza con l’utilizzo di metodologie didattiche che chiamano i ragazzi alla progettazione e realizzazione di materiali didattici attraverso l’uso di device personali o in dotazione alla scuola docente e l’uso di software e di app dedicate
    • E’ CONSAPEVOLE del suo processo unico di apprendimento e sa auto-valutarsi. Lo Studente Protagonista vive la scuola in modo critico con lo scopo di proporre iniziative volte a migliorare le dinamiche scolastiche (antitesi della passività del subire). Anche la modalità Pear to Pear è efficace se finalizzata e organizzata in attività in cui sono noti obiettivi e rubriche di valutazione: il docente predispone attività a gruppi di lavoro omogenei (la valutazione del lavoro di gruppo risulta così più congrua all’apporto che ogni singolo ha dato al gruppo). il docente introduce in ogni attività la fase di autovalutazione come strumento per il raggiungimento della coscienza di sé.
    • SI COLLOCA nello spazio immateriale del web con consapevolezza e in sicurezza.

    Sintesi del Tavolo

    Per avviare la discussione al tavolo, in assenza di altri strumenti di condivisione per il coinvolgimento dei partecipanti, la verbalizzatrice prof. Bernardi Lucia ha predisposto un Padlet con i punti di innesco della discussione utili ad individuare le modalità che portano lo studente a diventare protagonista del proprio percorso didattico e di crescita: https://padlet.com/luluberna/d5g5mawu02ho

    La professoressa Caterina D’Ortona, facilitatrice del tavolo, nell’affermare il proprio convincimento rispetto alla necessità di favorire il più possibile il protagonismo degli studenti, riporta l’esperienza della propria scuola (IIS E. Mattei di Vasto, CH) che ha investito molto in tal senso e che si può così riassumere: la scuola, un IIS di oltre mille alunni costituito da un liceo delle scienze Applicate e un ITST, ha negli ultimi anni, fatto la scelta, in seguito all’adesione alla Rete nazionale Book in progress, di aumentare di tecnologia tutte le aule della scuola con maxi-schermo, Apple TV e wifi d’aula. Sia i docenti che chi alunni sono dotati di iPad personali e libri digitali. Tutto questo ha consentito di sviluppare molto il lavoro collaborativo in aula, di facilitare la condivisione ma soprattutto la creazione di materiali didattici originali da parte dei docenti e degli alunni. Invita quindi tutti i partecipanti a condividere le proprie esperienze e le proprie riflessioni che possono essere così riassunte:

    Una possibile definizione di protagonismo degli studenti: coscienza delle proprie potenzialità e consapevolezza dell’impegno richiesto per la costruzione del proprio sapere. Lo studente protagonista migliora la relazione tra pari e con gli adulti; vive la scuola in modo critico e propositivo (antitesi della passività del subire)

    La progettualità supera i limiti del tempo scuola e sprigiona la passione nello studente che vuole essere protagonista del suo apprendimento.

    La modalità pear to pear, che certamente rende protagonisti gli studenti, è efficace se finalizzata e organizzata in attività in cui sono noti obiettivi e rubriche di valutazione.

    Il protagonismo degli alunni è facilitato da un docente che rinuncia al suo “palcoscenico“ a favore dei suoi studenti. E’ necessario da parte degli insegnanti una grande consapevolezza del proprio ruolo e anche la capacità di accettare che i propri ragazzi possano essere più “bravi” quando c’è di mezzo la tecnologia. Va invece esaltato il ruolo di coach che motiva e rende chiari e condivisi gli obiettivi.

    Se il docente matura la consapevolezza dell’importanza di rendere lo studente protagonista, cerca e trova le strategie più adeguate per modificare la sua didattica attraverso la messa in discussione di sé e della propria metodologia.

    La razionalizzazione degli spazi e della tecnologia e quindi la semplicità di fruizione, agevolano il protagonismo degli studenti; in particolare se l’organizzazione complessiva consente la metodologia BYOD.

    E’ fondamentale una condivisione di metodologie all’interno del C. d C. e più in generale come mission della scuola. Affinché i docenti possano fare sinergia, è necessario sistematizzare e standardizzare le buone pratiche; il lavoro necessario alla co-progettazione, condivisione e cooperazione, deve passare attraverso un riconoscimento del maggior impegno professionale necessario (sistema premiante).

    Riflessione dalle conferenze della mattinata: il 50% dei ragazzi usa il cellulare in aula perché non è protagonista!

    Se lo fosse, non avrebbe il tempo o la necessità di farlo

    Domanda

    1. Come conciliare l’uso delle learning activities supportate da software e applicativi, che sono strumenti del protagonismo dell’alunno durante il corso di studi per il raggiungimento delle competenze, con l’attuale struttura degli esami di stato?

    Moderatori

    Facilitatore:        D’Ortona Caterina (IIS E. Mattei di Vasto, CH)

    Verbalizzatore: Bernardi Lucia (ICS ZANDONAI Cinisello Balsamo MI)

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  • Tavolo 10

    Piattaforme per condividere, collaborare, co-creare, interagire: come hanno trasformato il rapporto docente-studente

    5 punti

    1. Esistono diverse tipologie di piattaforme: Moodle, GSuite, Docebo, WeSchool, Padlet etc… che permettono la condivisione dei contenuti didattici tra docenti, allievi (famiglie).
    2. Le piattaforme digitali risultano maggiormente utilizzate nella scuola Secondaria di secondo Grado.
    3. Molti docenti mostrano particolare entusiasmo relativamente alla scuola digitale, alcuni hanno paura di mostrare le proprie “fragilità nella conoscenza dell’uso del digitale” e quindi sono “frenati”.
    4. Occorre definire in modo chiaro i compiti e i ruoli di chi si occupa della didattica con il digitale all’interno delle varie scuole.
    5. La preparazione della didattica che usa il digitale di qualità necessita di maggiori energie e di molto tempo.

    Sintesi del Tavolo

    VISION: accantonare l’autoreferenzialità per favorire il confronto, la condivisione e la costruzione del sapere La facilitatrice, mediante la fruizione di un padlet, introduce la tematica proponendo una riflessione sull’autoreferenzialità di cui la scuola è sempre stata permeata e che, per consentire l’acquisizione di competenze da parte degli studenti, ora si trasforma innovando la metodologia che non può prescindere dall’uso delle TIC. La scuola italiana della società web 2.0 è riuscita ad abbandonare l’alto livello di autoreferenzialità di cui è sempre stata caratterizzata? I docenti, per consentire agli alunni di acquisire le competenze utili per imparare ad imparare, sentono l’esigenza di innovare la didattica mediante l’utilizzo di una serie di strategie:

    • learning by doing
    • cooperative learning
    • peer tutoring
    • flipped classroom.
    • problem solving

    L’uso delle TIC risulta indispensabile per agevolare tale processo di innovazione. Gli studenti vengono così accompagnati a sperimentare a scuola il corretto uso del file sharing. Ogni studente è messo in grado di cogliere appieno le potenzialità e i rischi dell’uso delle risorse digitali e dei social media. L’autoreferenzialità, di cui spesso la scuola è stata incriminata, è quella peculiarità di chi fa riferimento esclusivamente a se stesso, trascurando o perdendo ogni rapporto con la realtà esterna e la complessità dei problemi cha la caratterizzano. “Prima dell’avvento di Internet e dell’ampia diffusione di strumenti e device digitali era più difficile mettersi in contatto con il mondo, comunicare, condividere, collaborare. Dunque in parte – ma solo in parte – l’autoreferenzialità era motivata dalla mancanza di strumenti di comunicazione, condivisione e collaborazione veloci, economici, efficienti, adeguati ma soprattutto interattivi. Gli strumenti che avevamo a disposizione una volta per comunicare, condividere e (forse) collaborare erano prevalentemente analogici e cartacei: libri, enciclopedie, dispense, fotocopie, quaderni, appunti, diari di scuola. A volte anche “tecnologici”: il telefono, la televisione, la radio, il cinema. Questi strumenti, con potenzialità limitatissime rispetto a quelli che usiamo oggi, non “invogliavano” molto, o addirittura non permettevano proprio la condivisione e la collaborazione, sebbene alcuni insegnanti ne abbiano fatto largo uso – didatticamente parlando.” Oggi è in atto una vera e propria rivoluzione digitale in ambito scolastico.

    VERSO L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO

    Nel corso del dibattito emerge che la risposta degli studenti, alla “rivoluzione digitale” che è in atto nella scuola, è sempre stata positiva e concretamente efficace non solo ad ottimizzare il rapporto docente/studente ma anche ad arricchire la creatività, ad accrescere le abilità di comunicazione e di riflessione, ad incrementare lo sviluppo del pensiero logico e l’acquisizione di competenze utili al raggiungimento della realizzazione personale.

    Il rapporto docente-studente cambia radicalmente e positivamente con l’uso delle piattaforme di condivisione nella didattica quotidiana

    Si comunica, si condivide e si collabora più che in passato, con più immediatezza e facilità, con maggiore velocità e con più efficacia. Tutto ciò apre le porte ad un nuovo sistema di trasmissione ed acquisizione della conoscenza e ad un cambiamento epocale del modo di fare scuola. Docente e studente intraprendono assieme il processo d’apprendimento con l’allievo che assume un ruolo attivo nel comprendere le idee presentate, ricercando nuove vie da esplorare ed assumendo un ruolo nella valutazione dei propri progressi. Gli studenti cercano attivamente di comprendere le nuove idee, di integrarle con ciò che sanno già e di testarle nella realtà (deep learning).

    L’apprendimento significativo è:

    • Costruzione di conoscenza non riproduzione
    • Conversazione non ricezione
    • Articolazione non ripetizione
    • Collaborazione non competizione
    • Riflessione non prescrizione

    La facilitatrice chiede, a questo punto, ad ogni partecipante di presentarsi invitando a socializzare la propria esperienza e ad evidenziare i punti di forza e i punti di debolezza che emergono nel corso dell’uso di piattaforme di condivisione in ambito didattico.  Si apre un ricco confronto dal quale emerge che tutti i presenti hanno già sperimentato l’uso di piattaforme di condivisione. In molte realtà sono state configurate piattaforme di condivisione, collegate al dominio del sito scolastico, in altri casi sono stati i singoli docenti a sperimentare le varie piattaforme La facilitatrice presenta, man mano che vengono citate, le caratteristiche (Tipo di configurazione, tutela della privacy, miglior pregio, eventuali limiti e/o funzionalità da implementare) di alcune delle principali piattaforme di condivisione usate in ambito scolastico:

    • Moodle
    • Edmodo
    • G-suite
    • Fidenia
    • Weschool etc..

    È una priorità della scuola insegnare ad usare in modo equilibrato e consapevole i social media e prevenire il cyberbullismo.

    Le ricerche indicano che oltre il 90% degli adolescenti in Italia sono utenti di internet, e il 98% di questi dichiara di avere un profilo su uno dei social network più conosciuti e usati (Facebook, Twitter); il 52% dei giovani utenti di internet si connette almeno una volta al giorno, inoltre, l’utilizzo dei nuovi cellulari o smartphone consente una connettività praticamente illimitata. Internet rappresenta per gli adolescenti un contesto di esperienze e “social networkizzazione” irrinunciabile: si usa per mantenersi in contatto con amici e conoscenti, cercare informazioni, studiare, etc. Le nuove tecnologie, quindi, sono in grado di offrire a chi ne fa uso grandi opportunità, specialmente nel campo comunicativo-relazionale, ma nello stesso tempo espongono i giovani utenti a nuovi rischi, quale il loro uso distorto o improprio, per colpire intenzionalmente persone indifese e arrecare danno alla loro reputazione. È importante parlare di consapevolezza e corretta informazione nella prevenzione di questi episodi, anche nel contesto scolastico. In particolar modo risulta molto utile il ricorso al “Cooperative Learning” e alla “Peer Education”. Il Cooperative Learning sviluppa, insieme ad una conoscenza attivamente costruita, anche capacità relazionali negli studenti, aumenta il loro senso di responsabilizzazione, migliora l’apprendimento (è dimostrato che ad apprendere di più non sono soltanto gli studenti in difficoltà, grazie all’apporto dei migliori, ma anche questi ultimi, stimolati dal proprio ruolo di “tutor”), migliora la capacità di lavorare in gruppo e quindi di adempiere al proprio ruolo (responsabilità condivisa. La Peer Education risulta particolarmente adatta come approccio metodologico volto a rendere i ragazzi protagonisti del processo formativo; essa assume l’attività fra pari come un metodo per diffondere informazioni e sviluppare strategie efficaci tramite un processo di condivisione di pensieri, assunzione di impegni reciproci e negoziazione di compromessi e, nel contempo, consente un atteggiamento di apertura verso nuove idee.  Tale metodologia risulta efficace per:

    • rendere più maturi i Peer educator;
    • insegnare a tutti che il rapporto tra coetanei, pur sempre piacevole, può avere anche scopi più alti del semplice gioco – passatempo;
    • aiutare gli adulti a conoscere meglio le reali dinamiche e le esigenze del gruppo e ad essere accettato da quest’ultimo non come un estraneo “invasore”, ma come un adulto amico che è disponibile ad ascoltare senza pregiudizi.
    • riconosce gli adolescenti quali primari attori nella promozione del loro benessere e nella realizzazione di azioni di prevenzione di comportamenti a rischio. Nel corso del dibattito emergono poi alcune problematiche concrete relative all’uso delle piattaforme di condivisione e vengono proposte alcune possibili soluzioni.

    CRITICITÀ SULL’USO DELLE PIATTAFORME DI CONDIVISIONE

    “La cosa che preferisco della vita non costa assolutamente nulla. Dovrebbe essere chiaro a tutti che la risorsa più preziosa che abbiamo a disposizione è il tempo” (Steve Jobs (imprenditore e informatico statunitense)

    Ciò che risulta determinante per rendere capillare la diffusione della didattica innovativa, oltre all’organizzazione di adeguati corsi di formazione, è la condivisione delle “buone pratiche” fra docenti.

    Occorre molto tempo e grande competenza per la progettazione e la pianificazione delle attività con l’uso delle piattaforme di condivisione nonché per la loro realizzazione.

    Quasi tutti i presenti, sicuramente docenti particolarmente appassionati al loro ruolo, fanno emergere l’entusiasmo per le attività svolte insieme agli studenti.

    Oltre a progettare però, il docente che usa piattaforme che consentono di consultare e di creare collaborativamente è spesso impegnato a revisionare le risorse prodotte e a fare da coach ai propri studenti in orari e tempi che vanno ben al di là delle ore canoniche di insegnamento.

    In virtù dell’efficacia che ne deriva, occorre trovare strategie di progettazione e di realizzazione per l’utilizzo della didattica “capovolta” in tempi rapidi, non tralasciando la qualità del processo di insegnamento/apprendimento.

    La qualità dell’insegnamento è frutto dell’effetto cumulativo delle pratiche di un comunità.

    Ogni insegnante scopre attraverso la propria pratica ciò che è efficace, ma se questa non viene articolata e condivisa non migliora. Lo sviluppo avviene solo costruendo sul lavoro di altri.

    Risultano indispensabili la condivisione e il confronto delle “buone pratiche”. I docenti, contemporaneamente all’uso delle piattaforme di condivisione con gli studenti, potranno imparare a cocreare e a condividere le esperienze con i colleghi per agevolare e velocizzare l’introduzione di queste pratiche didattiche innovative.  La condivisione delle buone pratiche potrebbe risultare determinante anche per vincere la reticenza di alcuni docenti che ostacolano l’introduzione della didattica innovativa che si avvale delle TIC per paura di mostrare agli studenti le proprie “fragilità digitali” e il senso di inadeguatezza. In che modo attuarla? Il ricorso all’ipertestualità, agli ambienti della “parte abitata della rete” (blog, wiki, social media e social network, web application) hanno permesso di costruire un nuovo modello di documentazione basato sugli attori dei processi didattici, sulle persone prima che sui documenti. Un modello d’azione che può pertanto essere descritto con tre verbi:

    • “Vivi”: rivivi cioè i momenti più significativi dell’esperienza; immedesimati nel racconto, in chi ha risolto brillantemente il tuo stesso problema;
    • “Trasferisci”: acquisisci quelle conoscenze, procedure e competenze necessarie a riproporre i processi didattici innovativi proposti dalla documentazione;
    • “Rifletti”: partecipa cioè al dibattito professionale attivato dall’esperienza di successo.

    La documentazione, grazie agli strumenti multimediali e del Web 2.0, può dunque:

    • essere realizzata in itinere, risultando utile strumento per la gestione e la regolazione dei processi in corso;
    • essere realizzata da un gruppo di documentazione che comprenda al suo interno anche gli studenti;

    In sintesi le pratiche didattiche migliorano la propria efficacia solo se ogni insegnante costruisce il proprio agire didattico sull’esperienza degli altri insegnanti.

    Amministrare le piattaforme di condivisione di istituto richiede un impegno notevole durante tutto l’arco dell’anno oltre una continua attività di formazione e aggiornamento

    Questo aspetto è emerso come estremamente problematico, poiché la concomitanza dei ruoli di amministratore/promotore di processi innovativi e di docente, crea grande affaticamento e stress soprattutto in particolari momenti dell’anno scolastico

    Si propone perciò una ridefinizione più precisa di chi si occupa di questi aspetti gestionali e un dignitoso riconoscimento economico per gli stessi.

    POSSIBILE SOLUZIONE:

    valorizzare i docenti che dedicano tempo e  competenza per la “gestione del digitale”

    A livello centrale occorre porre particolare attenzione a valorizzare i docenti che dedicano con passione il loro impegno per innovare la didattica e “far stare bene a scuola” gli studenti predisponendo adeguati ambienti di apprendimento. Al termine delle attività condotte al tavolo di lavoro è emerso un quesito molto interessante: Ponendo come premessa che:

    “non si apprende dalle tecnologie ma che esse, richiedendo uno sforzo cognitivo significativo, rendono l’apprendimento più profondo, stabile e significativo incrementando le naturali capacità di apprendimento degli studenti”.

    Domanda

    1. Gli studenti italiani potranno vedere presto concretizzarsi “l’azione #1 fibra per banda ultra-larga alla porta di ogni scuola” e poter fruire della didattica innovativa basata sulla condivisione e sull’apprendimento significativo in una scuola italiana al passo con la società web 2.0?

    Moderatori

    Facilitatore e Verbalizzatore: Trunfio Wanda (IC Barabino Genova)

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  • Tavolo 11

    Robotica, coding, realtà aumentata, pensiero computazionale… sono davvero entrati nella didattica quotidiana? Come?

    5 punti

    1. Come la classe docente si prepara ad affrontare le sfide dell’introduzione del coding della robotica…. nella didattica quotidiana?
    2. Necessità di condivisione di intenti e di esperienze positive tra docenti.
    3. Interpretare il coding come non avulso dalla programmazione ma quale elemento strategico e trasversale a tutte le discipline.
    4. Coding come metodo per sviluppare e potenziare le competenze trasversali quali: Problem solving cooperative learning.
    5. Necessità di creare una piattaforma per la condivisione di buon e pratiche legate al coding a disposizione di tutte le scuole

    Sintesi del Tavolo

    A questo tavolo ci si chiede: Robotica, Coding, realtà aumentata, pensiero computazionale, sono davvero entrati nella didattica quotidiana?  Come preparare gli studenti? La domanda forse più opportuna è “Come si preparano i docenti a questa sfida”?  In Italia c’è molta diversità nell’approccio alle tecnologie, anche tra scuole vicine e serpeggia in maniera molto forte il senso di inadeguatezza della classe docente. Molto importante in tale situazione non solo è la formazione specifica quanto il confronto e la cooperazione tra insegnanti.  Gli alunni come protagonisti del loro processo di apprendimento, ci chiedono di introdurre le tecnologie e di creare un clima di cooperazione, perché questi sistemi sono più affini al loro mondo, catturano la loro attenzione, tengono desto il loro interesse. Un dato significativo è stato l’introduzione degli animatori digitali; anche se all’inizio gli stessi animatori digitali si sono chiesti in che cosa consistesse realmente il loro ruolo, adesso però, dopo la formazione ricevuta e l’esperienza acquisita possono operare e svolgere efficacemente il loro compito. Ruolo tanto più determinante, visto che spesso nelle scuole si fa fatica ad introdurre pratiche innovative, molto dipende dalla volontà degli insegnanti, dalla loro motivazione: molti docenti non hanno voglia di mettersi in gioco magari per l’età o per inclinazioni personali e quindi un soggetto propulsore all’interno dell’istituto può significare aprirsi alle nuove metodologie, doversi confrontare con il nuovo. Dove c’è condivisione di esperienze si cresce professionalmente. Fondamentale è diffondere l’idea che il Coding non è cosa diversa dalla didattica, ma è un metodo, significa saper interpretare una consegna, seguire una scaletta di priorità, risolvere un problema; quindi non si tratta di una attività da laboratorio, avulsa dal contesto classe, ma deve essere integrato nei processi della classe come elemento trasversale a tutte le discipline. Ovviamente la mancata conoscenza di questa metodica, che più semplicemente potrebbe essere chiamata “logica” genera paura, sospetto o indifferenza. Per questo, in alcune scuole sono stati attivati dei “caffè digitali” degli incontri aperti a colleghi più interessati , per consentire un processo di familiarizzazione con il metodo e con le esperienze già fatte. C’è bisogno di formazione autentica, che dia la possibilità di mettersi in situazione, confrontarsi con i colleghi, consentire di eliminare le paure e le perplessità proprie di ogni nuovo processo, ma soprattutto che possa offrire risposte alle esigenze degli insegnanti di recuperare l’attenzione dei loro studenti: un sistema nuovo per approcciare temi vecchi. Il solo partecipare a questo convegno ti fa sentire in una realtà condivisa ed infonde forza nel proseguire l’azione intrapresa.  La Robotica educativa è stata al centro del dibattito soprattutto perché inclusiva. Essa favorisce la relazione tra pari e potenzia e supporta l’apprendimento di alunni con Bisogni Educativi Speciali.  Il robot si muove, interagisce, parla, replica gesti e imita suoni e voci ed è un oggetto reale e stimolante. Per quanto riguarda la “Realtà aumentata”, la convinzione è che non vi sia ancora una larga diffusione dell’utilizzo e tantomeno una conoscenza approfondita dell’argomento. Durante il dibattito sono stati riferiti esempi legati all’utilizzo dei QR CODE ed alcune esperienze realizzate in scuole secondarie di primo e secondo grado, che hanno creato app per la gestione delle merende o hanno fatto crescere virtualmente delle piante o ancora hanno realizzato attività con i solidi per lo studio dei volumi e della geometria in generale.

    Best Practices

    Si segnalano:

    • progetto dell’I.I.S. ‘E. Mattei’ di Vasto (CH) in cui hanno realizzato un’aula di robotica (si veda ALLEGATO A)
    • progetto dell’Istituto comprensivo statale di Robbiate
    • Coder dojo merit http://www.scuolarobbiate.gov.it/ (si veda ALLEGATO B)
    • Scuola Secondaria di primo grado “Jean Piaget” La Spezia (ALLEGATO C)

    Domanda

    1. Sarebbe interessante la creazione e la condivisione in una sorta di Repository di tutte le esperienze a livello nazionale da condividere. Potrebbe il MIUR trovare una modalità per la creazione di una banca dati di buone pratiche ?

    Moderatori

    Facilitatori:         Tozza Antonella (MIUR)

    Sabella Mauro (Is Ponti Gallarate VA)

    Casaldi Laura (Centro studi ImparaDigitale)

    Verbalizzatori:   Brusaferri Rosaria   (IC Crema Uno di Crema)

    Marone Massimiliana (La Sorgente Caravaggio Bg)

    Cecchin Cristina (IC Luigi Nono Mira VE)

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  • Tavolo 12

    La scuola di oggi e l’industria 4.0: quali competenze per quale società, come oggi la scuola affronta questi cambiamenti.

    5 punti 

    • Lentezza rispetto al cambiamento
    • Flessibilità
    • Orientamento scolastico
    • Esami di stato
    • Collegamento reale tra scuola e industria

    Sintesi

    La scuola è davvero pronta ad incontrare il mondo del lavoro? Rispetto agli altri paesi europei, il nostro sistema scolastico è preparato al rinnovamento, dal punto di vista degli apprendimenti?  L’industria è alla sua quarta rivoluzione industriale, possiamo parlare di quarta rivoluzione culturale nella scuola?   Dobbiamo educare i nostri studenti a confrontarsi e a dialogare col mondo del lavoro. In che modo e con quali competenze e conoscenze dobbiamo avviarli a questo confronto? Cosa chiede l’industria alla scuola di mettere in atto?   Siamo molto lontani dalle richieste dell’industria 4.0., ma un’occasione da non perdere viene dall’alternanza scuola/lavoro, come dimostrano i feedback a seguito degli incontri che gli studenti hanno con gli imprenditori. Tuttavia, occorre ripensare questa offerta in maniera radicale, per adeguarla alle reali esigenze di formazione e per renderla più proficua ed efficace. Tra i molti punti critici emerge la scarsa dinamicità della scuola che dimostra tutta la sua inadeguatezza rispetto ai ritmi produttivi e innovativi della società reale. Infatti, l’industria 4.0 opera in un ambiente dinamico e creativo in netta opposizione con alcune procedure rigide ed eccessivamente burocratiche della scuola. Questa diversità viene evidenziata dalla carenza e dalla scarsa preparazione del sistema scuola di fronte al cambiamento strutturale e sociale. Lo scollamento tra queste realtà, tuttora separate, potrebbe essere colmato da un orientamento finalizzato a raccordarle, ma come viene effettuato attualmente, risulta scarsamente incisivo e funzionale. Pertanto, sarebbe opportuno potenziare il dialogo con gli esperti e gli operatori del mondo produttivo favorendo le occasioni di presenza nella scuola ed individuando altre modalità per rapportarsi con le imprese sul territorio (vedi: progetti mirati). La frattura oggi più evidente tra lavoro e formazione va ricercata nel pesante gap tecnologico. Molti istituti sono tuttora sprovvisti non solo della banda larga, ma le poche strumentazioni digitali a disposizione sono in molti casi al limite dell’obsolescenza e palesemente inadatte a soddisfare le esigenze, anche minimali, sul piano informatico. I docenti si sforzano di ovviare a questa situazione, spesso in maniera sporadica e individuale, poiché è ancora deficitaria una cultura della condivisione e della progettazione didattica in team, in particolare nella scuola secondaria di secondo grado questa mancanza di collaborazione operativa, rallenta notevolmente il processo di rinnovamento degli apprendimenti. Questa difficoltà nasce dall’abitudine a pensare per discipline e non per competenze da raggiungere.  Un altro punto di notevole importanza emerso dal confronto è quello relativo all’organizzazione degli spazi e dei tempi di attuazione degli apprendimenti. L’industria chiede al sistema scolastico di diversificare, ma la struttura in cui operiamo non è in grado di soddisfare appieno alla richiesta, principalmente a causa della scarsa flessibilità organizzativa. Tra le varie competenze da conseguire, appare strategica, quella di favorire lo studio delle lingue straniere favorendo non solo una maggior diffusione delle certificazioni linguistiche, ma anche istituendo corsi per livelli d’apprendimento.  Altro nodo da sciogliere riguarda gli Esami di Stato, poiché persiste, come abbiamo già ampiamente evidenziato, un’evidente separazione tra ciò che viene richiesto in termini di conoscenze e competenze agli studenti e le esigenze del mondo produttivo. Questo comporta la necessità di rivedere anche il sistema valutativo. Infine è necessario investire maggiormente sul personale docente e riportare la creatività e la motivazione all’interno degli istituti.

    Domanda

    1. Come rendere compatibile il nostro attuale sistema scolastico, ancorato su strutture procedurali rigide nonostante il regolamento sull’Autonomia, con le richieste del mondo del lavoro che sempre ci chiede competenze, certificazioni e diversificazione dei percorsi d‘apprendimento? In sintesi, come realizzare la quarta rivoluzione culturale nella scuola dal momento che parliamo di quarta rivoluzione industriale?

    Moderatori

    Facilitatore:        Gianfagna Rossella (DS IISS Pilla Campobasso)

    Verbalizzatore: Spurio Giancarla (IIS Turoldo Zogno Bg)

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  • Tavolo 13

    Formare e formarsi: dalle competenze digitali alla didattica interattiva e per competenze. (2 tavoli)

    5 punti

    • Elaborare una nuova visione di scuola
    • Sostenere questa visione di sistema con scelte politiche e ministeriali
    • Criticità nella formazione formale
    • Sostenere e riconoscere la formazione non formale
    • Necessità’ di un framework per le competenze attese degli studenti

    Sintesi del tavolo

    I lavori del tavolo 13 sono iniziati con una presentazione, da parte delle facilitatrici, dello stato dell’arte e dei documenti da tenere in considerazione per affrontare il tema delle competenze digitali. È stato proposto, come riferimento di base e punto di partenza, il documento UNESCO ICT Competency Framework for Teachers e i tre livelli di competenza da esso previsti. Tuttavia, pur iniziando da questo e da altri documenti condivisi in ambito europeo (ad es. Il framework europeo DigComp), per avviare la riflessione è stato proposto di partire dalla Formazione del personale nel PNSD. I quesiti-stimolo sono stati: Come sviluppare le competenze degli insegnanti? È cambiato qualcosa nel modo di formare e formarsi prima e dopo il PNSD? Dalla discussione è emerso che sono evidenti alcune criticità nella formazione formale, infatti nonostante la presenza di attività formative, alcuni insegnanti si rifiutano ancora di usare il computer, non solo per la didattica, ma anche per le attività di verbalizzazione e documentazione. Si deve chiarire che quella digitale è una competenza trasversale per tutte le materie e non riservata soltanto alle discipline apparentemente più affini, in modo da far superare prevenzioni e resistenze. Rispetto alla formazione erogata dagli snodi, in attuazione del PNSD, è emerso che alcune attività formative hanno avuto una tempistica troppo accelerata, con un numero limitato di ore giudicate non sufficienti per il raggiungimento degli obiettivi, soprattutto da parte di chi non era particolarmente abile in avvio. Inoltre è stato sottolineato che le competenze dei formatori, nelle diverse aree geografiche, sono molto diversificate. In alcuni contesti sarebbe stato opportuno selezionare diversamente o formare prima i formatori stessi, specie per alcune figure molto particolari come gli assistenti tecnici, gli AD e i DS. Le attività formative spesso non sono suddivise per ordini scolastici, generando la difficoltà di garantire un’offerta formativa valida e coerente per tutti. Si è sottolineato inoltre come spesso i contenuti si focalizzassero eccessivamente sulla presentazione di strumenti e app, senza sottolineare in che modo utilizzarli didatticamente. È stato osservato che sarebbe opportuno sostenere e riconoscere la formazione non formale, potenziando ad esempio il peer to peer per trasferire ai colleghi le reciproche competenze. Utile sarebbe entrare nelle classi, pensando a modalità che permettano di far affiancare i docenti alle prime attività progettuali da colleghi più esperti. Una strategia vincente è anche costituire gruppi interni di autoformazione, promuovere gruppi facebook o i caffè  digitali, che hanno costituito esperienze di successo in diverse aree. Si è inoltre sottolineato come attività formative in presenza possano essere sostituite o integrate, in un modello blended, con webinar e tutorial online o dall’organizzazione di Mooc.

    Tuttavia qualsiasi intervento formativo non può prescindere dalla necessità di attuare un cambio epistemologico per elaborare una nuova visione di scuola, chiara e definita per tutti. Sarebbe infatti utile un modello sistemico per superare le resistenze ancora presenti rispetto alla didattica per competenze, dato che questa è in molti casi difficilmente conciliabile con programmi ed esame di stato.

    A questo proposito sono necessarie scelte politiche e ministeriali per sostenere questa visione di sistema: fondi per la quotidianità, figure di accompagnamento nelle scuole per l’attivazione di progetti, assistenti tecnici anche nel primo ciclo, spazi, tempi, orari, ridefinizione di obblighi in vista dell’esame, documenti di valutazione e, non ultima, la ridefinizione del contratto di lavoro per tutto il personale in considerazione dell’aumento di lavoro che certe azioni provocano. In conclusione si è affermato che la determinazione delle competenze attese per i docenti è strettamente connessa alla necessità di avere un framework comune di riferimento per le competenze degli studenti: attualmente non c’è, ma una buona base di partenza potrebbe essere il modello DigiComp per la cittadinanza digitale, competenza chiave per essere cittadino.

    Domanda

    1. Quali scelte politiche e ministeriali possono accelerare e migliorare l’armonizzazione di tutte le parti che compongono il sistema scuola (amministrazione più snella, flessibilità degli ordinamenti, potenziamento delle infrastrutture, formazione del personale, curricoli…) in vista di un’innovazione che sia realmente sistemica?

    Moderatori

    Facilitatori:         Scalas Lucia Margherita (MIUR)

    Biancato Laura (MIUR)

    Verbalizzatori:   Fasoli Enrico (DS IC luigi Chiesa Spino d’Adda)

    Lanzani Chiara (Liceo Legnani Saronno Va)

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  • Tavolo 14

    PON, Bandi: come progettare e come programmare nella scuola di oggi. Una nuova organizzazione.

    5 punti

    1) prevedere una modulazione dei PON in base alla grandezza delle scuole, al numero di utenti;

    2) ampliare le azioni disponibili per la Scuola dell’infanzia;

    3) prevedere PON per l’attivazione di laboratori per lo sviluppo di attività manuali nella scuola secondaria di primo grado, con la finalità di far emergere attitudini manuali e favorire un orientamento più mirato;

    4) aumentare il numero di moduli e il numero ammissibile di studenti per i PON relativi all’Alternanza Scuola Lavoro;

    5) Prevedere un riconoscimento esplicito nella Scheda finanziaria anche per il personale che si  occupa della programmazione, perché attualmente è volontariato.

    Sintesi del Tavolo

    Il Programma Operativo Nazionale (PON) per la scuola viene finanziato in parte dal Fondo Sociale Europeo (FSE) e in parte dal Fondo Europeo di sviluppo Regionale (FESR) Il Pon si inserisce quindi in un contenitore europeo e nazionale. Questi fondi devono essere gestiti con una procedura ben specificata a priori, in particolare nella procedura sono compresi anche la valutazione della modalità di realizzazione e l’impatto, ovvero se il progetto ha effettivamente raggiunto gli obiettivi prefissati. C’è un sistema informatico specifico e dedicato, un monitoraggio bimestrale e una mole di lavoro che aggrava, ma attraverso questo sistema è possibile visualizzare tutti i dati passati. Qui siamo in presenza di un evento che riguarda il digitale, ma il PON per l’Istruzione riguarda le 5 priorità della programmazione europea 2014- 2020 Asse 3: Istruzione e formazione

    Prima Priorità: Riduzione del fallimento formativo precoce e della dispersione scolastica e formativa;

    Seconda priorità: Innalzamento dei livelli di competenza e, di partecipazione e di successo formativo nell’istruzione universitaria e/o equivalente;

    Terza priorità: Innalzamento del livello di istruzione della popolazione adulta;

    Quarta priorità: Accrescimento delle competenze della forza lavoro e agevolare la mobilità, l’inserimento/reinserimento lavorativo;

    Quinta priorità: Qualificazione dell’offerta di istruzione e formazione tecnica e professionale;

    Queste priorità sono il faro per chi ha dovuto programmare. L’esempio classico è quello della dispersione scolastica e dell’apprendimento degli studenti. Sul tasso di dispersione abbiamo migliorato dell’11%, a fronte di altri indicatori che sono stati in calo (Pil, occupazione).

    Quest’anno abbiamo avviato molti avvisi abbiamo cercato di avere un contenitore vasto che rispondesse a più bisogni in modo organico.

    Per l’Agenda Digitale avevamo un piano che in parte riguarda la scuola, ma non solo quella. Nel piano dell’Agenda digitale si parla della Governance, si parla di accessibilità, di banda larga, di sviluppo industriale e di pubblica amministrazione.

    Per quel che riguarda l’ambito istruzione, abbiamo inserito nel programma una seria di iniziative che prevedono l’apprendimento con l’uso delle tecnologie, ci sono azioni rivolte agli studenti e agli insegnanti, oltre a tutta l’asse governance (dirigenti, personale amministrativo ecc).

    Abbiamo scelto di partire con il FESR, che è un Fondo specifico per gli interventi infrastrutturali. Precedentemente in questo fondo avevamo avuto risorse solo per le regioni in via di sviluppo, ma ora questo fondo interessa anche le altre regioni. Come amministrazione abbiamo veicolato i Fondi FESR nella scuola perché è stato provato dai dati OCSE che uno dei motori dello sviluppo è l’investimento sull’istruzione. Abbiamo proposto cinque avvisi: uno per i laboratori musicali, coreutici e sportivi, uno per le scuole polo in ospedale, uno per gli ambienti digitali per i cpia, uno per gli ambienti digitali e infine un avviso per le infrastrutture di rete LAN-WLAN.

    Una delle azioni che partirà presto è quella delle smart school per ristrutturazioni leggere.

    Visto che partiva il piano digitale abbiamo usato anche FESR per le infrastrutture: nel campo scolastico tutta la parte infrastrutturale (wi-fi, ambienti digitale, per i cpia sviluppo di ambienti adeguati). Scuole in ospedale. Abbiamo sviluppato una prima formazione didattica e organizzativa per il personale della scuola con l’individuazione degli snodi formativi territoriali. Per questo sono stati già chiusi due avvisi, ma ci sono molte risorse per la formazione degli insegnanti che partiranno a breve e che durerà fino al 2023. Sarebbe stato bene partire prima, come nella scorsa programmazione, ma alcune azioni sono da collegare alla politica nazionale, e si è cercato di conciliare gli obiettivi di politica nazionale a quelli europei. Per i primi di Luglio partirà tutto il processo valutativo. All’inizio è stato difficile avviare il programma, ma ora i lavori possono partire. Le azioni che sono partite del FSE sono l’individuazione degli snodi territoriali per la formazione, mentre è in corso di valutazione il PON sulla dispersione perché abbiamo cercato di fare valutazione più seria rispetto ad altre procedure in modo che prima di settembre conosceremo il risultato, anzi entro giugno, facendo slittare i tempi attuativi. In altri tempi facevamo un unico avviso, ma ora con l’avvio di avvisi differenti si è sottolineato uno o l’altro obiettivo in modo che ogni scuola potesse scegliere l’avviso in base ai propri fabbisogni. Gli avvisi sono quasi tutti relativi alla dispersione scolastica, all’educazione permanente, alle competenze chiave degli studenti. Molti gap si collocano nelle aree meridionali e in via di sviluppo: vi è un tasso di dispersione molto grave in Sardegna e Sicilia e Valle d’Aosta, anche se la Sardegna è uscita dalla situazione di gravità precedente. Questo problema è ridotto al Nord che ha anche buone competenze degli studenti, come emerge dalle indagini OCSE PISA. In queste regioni, dove ci sono performance migliori, si può lavorare sulle eccellenze e sull’alternanza. Rimane tuttavia un altro fattore da sviluppare: bisogna sviluppare dei progetti nuovi, come per esempio il CLIL, e in generale l’apprendimento delle lingue stranieri da parte degli insegnanti. Avevamo avviato una procedura per l’apprendimento delle lingue per gli insegnanti, avevamo immaginato borse di studio e percorsi estivi, come volontari non obbligatori, ma riconosciuti come aggiornamento per gli insegnanti.  Ci sono avvisi per la formazione e l’aggiornamento per dirigenti scolastici e amministrativi. Vorremmo partire con le cose più urgenti: azioni di procurement, aspetti gestionali, ma anche formazione digitale, insieme alla formazione dei revisori contabili, erano stati messi a punto più di un anno fa.  Il FSE è sempre esistito nel trattato per cui anche il FSE quest’anno compie 70 anni ed era inizialmente un fondo usato per promuovere occupazione, ma negli anni ha assunto un ruolo maggiore come prevenzione della disoccupazione. Prima era un palliativo, serviva a contenere il problema, ma dal Trattato di Maastricht ha subito delle modifiche ed è diventato investimento nell’education, in ottica di prevenzione della disoccupazione. Questo interessa soprattutto gli istituti tecnici e professionali, perché va a sostenere le azioni di alternanza scuola-lavoro, che in realtà si facevano già. Il FSE è stato reso più flessibile: comprende azioni che riguardano inclusione e povertà di cui dieci anni fa il FSE non si occupava

     

    NELLA SECONDA PARTE DELL’INCONTRO I PARTECIPANTI HANNO POSTO ALLA DOTT.SSA LEUZZI ALCUNE DOMANDE:

    – È emersa la preoccupazione per eccesso di controlli anche dopo molto tempo che l’azione è conclusa.

    Risposta Per quanto riguarda i progetti della circolare 9035 sono quasi tutti conclusi, ma la gestione dei controlli secondo le procedure europee dell’autorità di audit, ha reso necessario la richiesta in varie fasi di documentazione a corredo. L’informatizzazione di tutti i documenti dovrebbe renderne più agevole il reperimento in fase di controllo e un valido strumento di archivio per la visualizzazione da parte degli Istituti anche in caso di cambio dei DS e DSGA. La documentazione deve essere mantenuta e disponibile anche a chiusura del progetto per eventuali controlli che potrebbero essere effettuati da parte dell’ADG e dalla Commissione Europea.

    – Quando sarà disponibile una check-list?

    Risposta Le istruzioni attuative saranno emanate a breve. Non è stato ancora pubblicato un vademecum ma lo sarà a breve, abbiamo voluto evitare di dover poi fare correzioni in un secondo momento. Per il FESR è più semplice, ma ora che le procedure si concluderanno, entro questo mese avrete vademecum e istruzioni su come gestire i progetti.

    E’ stato realizzato un sito specifico per i PON, http://www.istruzione.it/pon/ponkit.html vi consiglio di seguire le indicazioni i video tutorial e le FAQ di riferimento.

    Anche gli ambienti digitali sono conclusi al 90%, anche i CPIA sono conclusi e anche le scuole in ospedali, stiamo procedendo con i controlli. Le attività degli snodi si stanno concludendo, ma con un po’ di lentezza.

    L’ufficio ha dovuto chiudere una rendicontazione di tre miliardi della scorsa programmazione ed è stato impegnato in questa attività che ha rallentato i lavori per la nuova programmazione.

    – Per quel che riguarda i FESR è previsto lo scorrimento delle graduatorie?

    Risposta Sì, indicativamente entro maggio faremo lo scorrimento delle graduatorie.

    – Preparerete uno strumento unico web che riassuma uno scadenzario unico degli avvisi che preveda tutti i tipi di finanziamenti ministeriali ed europei?

    Risposta Sarà disponibile a breve

    – Richiesta di chiarimento sul PON della cittadinanza europea

    Risposta Non abbiamo chiesto di inserire l’esatto posto dove andate. Chiediamo solo la nazione perché il costo-standard è diverso a seconda della destinazione. Non avete bisogno di aiuto sulla progettazione. Dovete decidere se fare corso di lingue o esperienza di apprendimento on the job che preveda l’apprendimento linguistico o un itinerario culturale che deve essere in lingua straniera. Abbiamo un problema culturale della mancanza di conoscenza linguistica. Se siete in grado di organizzarvi da soli vi collegate alla scuola da soli o potete organizzarvi tramite agenzia e in questo caso dovete fare un bando. Dovete sapere che il budget che vi abbiamo dato è quello, che i ragazzi devono fare un determinato numero di ore.

    – Viene dato un certo peso alle collaborazioni e quindi è contraddittorio se non ci chiedete dati precisi di dove andiamo.

    Risposta Potete fare un collegamento con associazioni del territorio.

    – Chiarimenti sul PON dell’alternanza scuola-lavoro. Se una scuola è sia Liceo sia professionale, deve scegliere perché non è possibile presentare il PON per entrambi i plessi.

    Risposta Sì, è così. Dovete scegliere o uno o l’altro.

    – Il PON prevede l’esperienza all’estero per 15 studenti per 4 settimane. Chiedono più flessibilità: potrebbero fare 2 settimane 15 e altre 2 settimane altri 15 studenti?

    Risposta La rigidità del progetto arriva dalle indicazioni europee e non possiamo intervenire. Con progetti all’estero: chiedere preventivi a diverse scuole, si può farlo direttamente.

    – Per le scuole può essere un problema far venire gli studenti per altre 30 ore in orario extra-scolastico? E’ possibile organizzare una parte del progetto in orario curricolare?

    Risposta Sì, si possono organizzare attività anche nell’orario curricolare, ma il docente non può essere pagato due volte per cui bisogna ben giustificare la presenza di un esperto, di un tutor e del docente curricolare.

    Nel PON dell’orientamento non è previsto esperto.

    – Nella scheda tecnica di rendicontazione alcuni docenti hanno visto che non si arriva al massimale. Qual è il motivo?

    Risposta Il calcolo del massimale è dato dalla somma del costo di ogni singolo modulo in cui ci sono, oltre alle spese fisse obbligatorie, anche spese opzionali (di gestione in base al numero di studenti coinvolti), con o senza figure aggiuntive, con o senza spese per la mensa per cui gli importi del progetto possono variare.

    – Quale sono le fasi di erogazione dei fondi?

    Risposta Quando c’è l’avvio delle attività eroghiamo 30% di acconto per il FSE. Dobbiamo inserire a sistema le presenze degli studenti. Al 50 % del percorso diamo un altro acconto, fino al saldo finale. L’erogazione del saldo dei progetti FESR è più lento.

    – I PON attivi sono molto interessanti, ma questo è un periodo impegnativo per i docenti perché troppo a ridosso della fine dell’anno scolastico. Sarà possibile modificare la tempistica?

    Risposta Relativamente alla tempistica: sarebbe bene lanciare gli avvisi in gennaio per programmare l’anno successivo. Nella scorsa programmazione c’era questo ritmo e ora, scontati i ritardi, si spera di ritornare al ritmo precedente.

    – L’attività di progettazione non è in alcun modo riconosciuta?

    Risposta Quasi il 40% dei costi rientrano negli aspetti gestionali e organizzativi con cui possiamo anche pagare i docenti che hanno realizzato la progettazione. Non è ammessa la progettazione preventiva, ma nella scheda tecnica è presente la voce “spese di gestione” e si può prevedere una figura strumentale, valutativa. Dobbiamo dare opportunità agli studenti, ma poi dobbiamo valutare se queste azioni servono. Dovremmo abituare le scuole ad avere un valutatore, un facilitatore per chi vuole cimentarsi nella progettazione.

    – Nell’organizzare il progetto, è possibile prevedere la ripetizione di un modulo, per studenti diversi?

    Risposta Si può ripetere lo stesso modulo più volte per gruppi di studenti diversi o farlo progressivo per lo stesso gruppo.

    – Si possono adattare i PON al numero dell’utenza nei CPIA?

    Risposta Difficile perché non possiamo pensare di coprire tutto. Abbiamo fatto alcune differenziazioni per i FESR, ma potrebbe essere una proposta tenere conto di ordini di grandezza diverse e modulare i Progetti in base all’utenza.

    – Data la carenza di attività laboratoriali nelle scuole secondarie di Primo Grado, carenza che comporta una difficoltà a far emergere le diverse attitudini degli alunni anche in vista dell’orientamento, è possibile tamponare questa mancanza con PON che finanzino attività laboratoriali a scuola?

    Risposta Laboratori creativi per le scuole medie erano stati previsti e in futuro potrebbero essere riproposti.

    -Le scuole dell’infanzia sono inserite solo nei PON per le competenze di base, ma sarebbe bene inserire anche in altri PON.

    Risposta I PON sulle competenze di base lasciano molto liberi di spaziare nella programmazione.

    Domanda

    1. E’ possibile avere maggiore trasparenza e chiarezza su bandi presentati sulla base di finanziamenti Ministeriali (Istruzione e Ricerca), oramai presentati da tempo e per i quali non si hanno più notizie? E’ possibile avere maggiori chiarimenti sulle tempistiche di rilascio delle graduatorie anche sui nuovi finanziamenti PON FSE? E’ possibile avere già una pianificazione con argomenti e tempistiche dei Bandi PON che verranno il prossimo anno scolastico così da permetterci di gestire meglio la parte relativa alla progettazione?

    Moderatori

    Facilitatore:                        Leuzzi Annamaria (MIUR)

    Conduttore d’aula:         Gobbo Rossella (Presidente Assoedu)

    Verbalizzatore: Andrian Giulia (I.C. 3 Il Tessitore Schio VI)

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